Non potrebbe ella rispondere che questo diritto non è inviolabile e che la Chiesa lo ha provato colla sua dottrina e co' suoi atti?
Si dirà senza dubbio che qui si tratta di un caso d'eccezione, di cui l'applicazione è rara. Se l'applicazione è rara, il principio è estesissimo. Chi non vede, dicemmo noi nella nostra prima lettera su questo soggetto, fin dove s'estenderebbero le conseguenze, se si ponesse una volta per principio che il pericolo di perversione nella fede per parte dei genitori, autorizza a sottrar loro i figli, e a sequestrarli? La dottrina de' nostri avversarli dà alla Chiesa un diritto sovrano sopra tutti i figli battezzati; si tratta solamente di essere conseguenti. Se si fanno proprii i figli battezzati per assicurare la loro salute eterna, perchè non s'impossesserà per la medesima ragione, come lo prescrive il concilio di Toledo, de' fanciulli che non lo sono, poichè essi non ponno essere salvati che col battesimo? Fin dove non si è trascinato quando si sorpassano i limiti del vero e del giusto? Del resto io sono tutto disposto a dare la sua parte ad uno zelo legittimo in questa circostanza. Che il governo Romano avesse fatto tutto ciò che dipendeva da lui per ottenere dai genitori Mortara che acconsentissero a ciò che suo figlio battezzato ricevesse il benefizio di una educazione cristiana, nessuno, io penso, non l'avrebbe disapprovato, e qui può applicarsi il principio di s. Tommaso: Tunc est inducendus ad fidem non coactione, sed persuasione. Bisogna condurlo alla fede non colla coazione, ma colla persuasione.
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