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No, no, voi cercate invano di darci il cambio. Non vi ha qui nè tragedia, nè commedia, e se v'è qualche cosa di tragico in questo fatto, tutti sanno dove farebbe d'uopo porre la scena. L'emozione non è stata fittizia, ella è stata vera e profonda. Si è sentito come simultaneamente che un principio di giustizia è stato offeso, e gli uomini i più discordi sopra altri punti si sono trovati d'accordo sopra questo. Non è un bambino messo in un collegio, il fanciullo di una famiglia ignota, è il diritto sacro dell'autorità paterna sconosciuto che ha così vivamente preoccupato gli spiriti. La controversia su un tale soggetto è una delle più gravi che possano presentarsi, e la società intiera dovea prendervi parte.
L'avvenimento che lo ha fatto nascere, ha infrante tutte le idee generalmente emesse, i sentimenti più vivi e i più legittimi, e non vedere nel sollevamento di un'opinione così generale, che una miserabile commedia, non temiamo di dirlo, è insultare alla coscienza pubblica.
Infine lo scrittore della Civiltà Cattolica pone una questione che è come il riassunto pratico di tutta questa discussione, e alla quale non ci sembra difficile di rispondere. Che! dice egli, bisognerebbe rendere questo fanciullo a' suoi genitori? Non si sa quali sono le loro disposizioni, e la religione permette di esporlo ad un sì gran pericolo? Noi risponderemo: Il figlio appartiene per diritto naturale ai suoi genitori e il ratto di Bologna non ha provato per nulla che egli abbia cessato d'appartener loro.
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Civiltà Cattolica Bologna
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