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      XII.
      Un debole difeso, e Conclusione.
     
      Eccovi pertanto un bimbo più che settenne, al quale basta l'intelletto per vedere e la coscienza per sentire l'imperioso dovere che gl'impone la condizione di Cristiano, qual sa di essere; e capisce benissimo che tradirebbe colpevolmente la propria fede, quando si lasciasse vincere dalle altrui suggestioni a rinnegarla. Ora vi parrebbe egli bello e generoso abbandonare questa povera creatura debole, indifesa, solitaria e gettarla nel mezzo di una famiglia giudaica, la quale, senza ambagi, si dichiara parata ad adoperare ogni argomento di lusinghe, di persuasioni, e forse ancora di violenza, per sospingerla con facile trionfo all'apostasia? Torniamo a chiedere: vi parrebbe bello e generoso mettere questo innocente a quella croce, a quel supplizio, a quella tortura che sarebbe il trovarsi perpetuamente a tu per tu colla tenerezza della madre, colla severità del padre, colle insistenze ed infestazioni incessanti di quanti mai lo circondano? Il piccolo Edgardo medesimo ci ha detto che, quando una somigliante sventura gl'incogliesse, egli da mane a sera non vorrebbe far altro che recitare gli Atti cristiani e persuadere i suoi fratellini ad imitarlo. Ma vede ognuno che queste disposizioni generose di un bambino farebbero, parlando secondo natura, certo naufragio, quando si trovassero alle strette colla ossessione domestica di tutti i suoi, che tenterebbero ogni estremo per espugnarlo. E tocca proprio ai parteggiani fanatici della libertà di coscienza il far voti, e strepitare anzi e minacciare, perchè quella libertà sia disconosciuta e torturata quella coscienza!


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Roma e la opinione pubblica d'Europa nel fatto Mortara
Atti documenti confutazioni
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Conclusione Cristiano Edgardo Atti