- Ed io mi metto l'abito, il pastrano, e sono con lei.
E il giovane si slanciò fuori della camera.
Vestito che fu, il professore cercò sul tavolino da notte la tabacchiera, e se la mise in tasca; aprí un armadio, ne trasse fuori un astuccio in cui teneva i ferri, e lo posò sul letto; tornò all'armadio levò da un cassetto due pistole corte, le intascò anch'esse; aprí l'uscio, chiamò Caterina, e a lei che accorreva pose nelle mani l'astuccio dei ferri dicendo:
- Va pure innanzi.
Poi udendo giú nella via il rumor della carrozza che s'avvicinava, levò da un angolo della camera la fida canna tradizionale dei dottori ostetrici di trent'anni fa, diè un ultimo sguardo intorno ed uscí.
Quando fu al basso, egli si fe' dare l'astuccio da Caterina e le disse:
- Va pure a letto, e non aspettarmi per questa notte. Se domani mattina capita don Giacomo, digli di ripassare dopo mezzogiorno.
Cosí detto, facendo arco della schiena uscí dallo sportello.
Come fu nella via, si vide dinanzi una bella berlina da viaggio a due cavalli alla Daumont, che fumavano copiosamente di sudore, mostrando di avere fatto poco prima, se non lunga, rapidissima corsa. Un fanciullo palafreniere, colle braccia incrociate sul petto come un piccolo Napoleone, stava immobile dinanzi ad essi.
Lo sconosciuto, colla maniglia dello sportello in mano, aspettava il professore. Il quale, deposto l'astuccio nell'interno della carrozza, senza far complimenti entrò pel primo, e il giovine gli tenne dietro. Nel frattempo il piccolo palafraniere, montato a cavallo, partí come un lampo.
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Caterina Caterina Giacomo Daumont Napoleone
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