Amici... ho vinto sei mila fiorini alla lotteria di Francoforte.
Se una bomba vicina a scoppiare fosse caduta in quell'istante in mezzo al braciere, non avrebbe fatto balzar dai sedili i cinque amici di Emilio con tanto impeto, come fecero le sue parole.
- Scherzi tu?
- Sarebbe vero!
- È possibile!
- Lodato il cielo!
Tali, o ad un dispresso furono le esclamazioni che uscirono da quelle bocche...
E il tabaccaio, che dal suo banco stava ad osservarli, e che soleva fare su quelle fisonomie de' preziosi studi, non iscoprí negli occhi di alcuno di essi un solo sospetto di quel verme roditore dell'uman genere che si chiama invidia.
Invece vide spianarsi una fronte poco prima oscura, e sorgervi quella regina dei sentimenti umani la speranza a farla sorridente.
Era la fronte di Teodoro che si sentiva salvato dalla prigione.
- Non vi mostro il biglietto, - aveva continuato Emilio - perché basta la parola. Sono seimila fiorini, né piú né meno. Non c'è sbaglio... Domani ci sarà il denaro... Domani saremo ricchi... Domani il mondo sarà nostro. Io sono il re di Milano; sono milionario... Adoratemi.
Emilio fece una piroletta e continuò.
- Come portano gli statuti, il quinto sarà speso subito in una gran baldoria. La gloria di Lucullo e di Baldassare sarà ecclissata dalla mia. Nei secoli venturi si parlerà di una cena di Emilio Digliani con entusiasmo. Saremo sette uomini e sette donne, come il solito... cioè, come di rado! Viva la lotteria di Francoforte!
- Viva! - ripeterono in coro i sei amici.
E Teodoro, preso Gustavo per mano, si diede a ballar in mezzo alla bottega e a girar in tondo come un selvaggio della Nuova Olanda dinanzi al vinto nemico che sta cuocendo allo spiedo.
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