Quanto a Emilio si sarebbe detto che prima del quarantotto non avesse ancora vissuto.
Niso e Gustavo l'avevano conosciuto per la prima volta nel battaglione Manara e avean fatto con lui tutta la campagna del 48 e 49.
Nessuno aveva mai udito dal suo labbro una parola sul suo passato; nessuno gli avea mai sorpresa una frase che accennasse ad un'infanzia, ad una famiglia, ad una madre...
Uno strano mistero avvolgeva nel buio quella giovinetta esistenza; un segreto doloroso covava forse in quell'anima, che a tutti sembrava spensierata e senza cure.
Ogniqualvolta i suoi compagni lo avevano sorpreso immerso in tetri pensieri, e gliene avevano chiesta la cagione, egli soleva rispondere con qualche frizzo cosí naturale e spontaneo, che nessuno s'era attentato di toccargliene oltre.
Talvolta, seduto a bivacco, udendo qualche amico parlar di sua madre, il povero fanciullo si facea pallido come un cadavere. Ma, se appena s'accorgeva d'essere osservato, balzando in piedi, come per scuotersi di dosso un molesto pensiero, ridiventava il piú allegro e il piú spensierato di tutti.
Il suo coraggio, spinto all'audacia, era proverbiale nel battaglione.
Manara avea detto che, se in lui fosse stata uguale la disciplina all'ardimento, sarebbe stato il migliore de' suoi volontari.
Come desolato sulla terra, egli aveva concentrate tutte le forze affettive dell'anima sua nell'amicizia de' suoi due compagni d'arme. Fuori di questi, egli pareva non curarsi di persona al mondo: e neppur essi non l'avevano mai veduto scrivere o ricevere lettera, che accennasse ad un legame d'amicizia, di parentela o di amore.
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Emilio Gustavo Manara
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