- diss'egli sottovoce.
- Che c'è?
- Di qua è uscito poc'anzi un uomo mandatomi da Mazzini, a propormi un colpo di mano.
- In Milano? - chiese Gustavo.
- Sí, in Milano.
- Per quando?
- Pel giorno sei.
- Dopodoman l'altro!
- Sicuro.
- È pazzo?
- Se non lo è già, va a rischio di diventarlo!
- Hai veduto le sue cifre?
- Sí; e non si scherza; è risoluto di tentare. E so che ieri è scappato un suo cassiere con diecimila franchi.
- Infine che cosa gli hai risposto?
- Come Pilato; che me ne lavavo le mani... per me e per tutti noi. Però gli ho detto di tornar domani per aver il tempo di consultarvi in proposito.
- Io lo sapeva; - disse Emilio che non aveva ancora parlato - ma vedrai che saranno fumi.
- Basta, sentiremo. Ora ditemi che cosa avete di nuovo?
- Abbiamo di nuovo che Teodoro è arrestato - rispose Gustavo.
- Arrestato! - sclamò Niso balzando in piedi.
- Non temere. Fu arrestato per debiti.
- Manco male! - sclamò Niso; poi come risovvenendosi - È vero! L'altro giorno mi parlò d'una cambiale che stava per scadere, ma non credeva che la cosa fosse cosí urgente.
- Neppur io. Non me ne parlò che poc'anzi... prima d'essere arrestato.
- Strano carattere! Io credo ch'egli sia il giovane piú impassibile e piú neghittoso d'Italia.
- Di' pure dell'orbe terracqueo. Mi ha confessato che gli capitò spesso di sentirsi affamato, prima d'aver cominciato a pensar al mezzo di pranzare.
- In ogni modo, - sclamò Emilio - non tanto pe' suoi meriti quanto pel decoro della nostra società, bisogna liberarlo entro oggi stesso.
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