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      La sua natura potente, ma un po' materialista, come quella di noi tutti figli del nostro secolo, non sapeva concentrarsi in sé stessa per istudiare le fasi di un dolore che ha sempre la sua voluttà per chi vuol trarne ammaestramento per l'avvenire. Sentiva invece un gran bisogno di espandere fisicamente la sua bile... e cercava una vittima.
      E la vittima non si fece lungamente aspettare.
      Entrato a caso nella sala posteriore del caffè, vide un suo amico - un altro dei sette - che stava altercando con due ignobili ceffi, di quei passeggiatori di notte, la cui vita giornaliera comincia coll'accendersi del gas e termina coll'apparir del sole...; specie di nottole umane, campioni della vita scioperata e viziosa, che sarebbero stati usurai se avessero avuto denaro da dar a un povero figlio di famiglia, barattieri sempre, quando potevan trovare il piccione da spennare, ladri fors'anche, e spie, se avessero avuto il coraggio di rubare, o se la polizia avesse saputo fiutarli.
      Questa genía, che a Milano era un po' piú numerosa di quella che potesse credere una gentildonna che vedesse la città dal suo gabinetto, dal palchetto della Scala, dai salons di conversazione, e dalla trottata sugli spalti - eterno quadrivio in cui s'aggirava la vita di una donna elegante milanese - questa genía sozza ed infame, rifiuto di scapigliatura, pullulava nelle bische frequenti che in quell'anno parevano autorizzate nei pubblici caffè, dove il macao e il fioccone attiravano molti giovani avidi di emozioni e di stordimento.


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La scapigliatura e il 6 febbraio
di Cletto Arrighi
pagine 243

   





Milano Scala