Dal canto di Emilio abbiam veduto come già perfettamente guarito, allegro, spensierato, si accingesse a celebrar con una gran cena la vincita della lotteria di Francoforte, dopo aver liberato Teodoro dalla prigione.
CAPITOLO SESTO
DA GALEOTTO A MARINARO
Il pranzo Firmiani non fu molto allegro.
Noemi si sforzava di sorridere, or a questo, or a quel convitato, e di rispondere con garbo agli omaggi e alle domande che le venivano dirette da ogni parte; ma erano risposte tronche, e sorrisi a fior di labbro, che nascondevano a stento la preoccupazione dell'anima sua.
Finalmente Noemi diè la levata, e offerto il braccio, come il solito, al nonno, fe' ritorno in sala, seguita da tutta la comitiva.
Noemi dopo il caffè si mise al pianoforte; la Firmiani si sedette presso al nonno.
- Dunque, signora Cristina, - sclamò il vecchio conte, col suo fare lusinghiero e minchionatorio - lo vediamo o non lo vediamo questo nipotino... questo pronipotino?
Cristina non mostrò d'essere molto meravigliata di quest'uscita del conte. Sorrise, crollando leggermente il capo, e rispose:
- Ah, caro nonno, a lei non si ponno nascondere certe cose. Ma bisogna pensare che dalla nascita del mio povero Lorenzino sono passati diciott'anni.
- Diciott'anni! - sclamò il vecchio, come se non lo sapesse - Il tuo Lorenzino avrebbe già diciott'anni?
- Pur troppo! - sclamò la Firmiani sottovoce - Sa lei, piuttosto, caro nonno, a chi deve fare quella raccomandazione?
- A Noemi, non è vero? - disse il nonno - Oh certo! Ma! Povera Noemi!
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