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      Egli aveva studiato di medicina; ma dagli ultimi esami in poi non gli era mai piú passato per il capo che ci fossero al mondo malati e mezzi da mandarli piú presto al cimitero. Era nato artista, e artista divenne. Forse, qualora suo padre l'avesse voluto artista, ei si sarebbe gettato con fervore alla medicina; giacché in queste nature predestinate alla sventura e al suicidio la contraddizione è inevitabile... sai bene?
      Temistocle, un bel giorno dunque, s'era messo a schizzar delle figure, e, quand'ebbe gettato sulla carta quei primi abbozzi, scoprí di possedere il tratto felice e il cosí detto chic dell'artista contemporaneo. Nella inesperienza della matita, sotto le crudezze di quelle linee da dilettante, c'era un non so che di cosí ben trovato e un'audacia di genio... portentosa.
      Allora egli fece l'entrata nel mondo artistico a colpi di litografia, e passò le sue ore a tormentare la mano sulla pietra, e la fantasia nelle scene dolorose della vita di miseria.
      La sua camera divenne convegno di tre o quattro amici, nati artisti come lui, per grazia di Dio, fra i quali anch'io.
      Quella fu la mia prima compagnia brusca. Allora ero giovine, e tutto mi faceva impressione. Gli altri, tutti piú vecchi di me, mi davano soggezione; essi pensavano tutti come una persona sola, e si parlavano un mistico linguaggio pieno di reminiscenze, di poesia e di frizzi, e si rispondevano in rime colte al volo con accompagnamento di franchi scoppi di risa, dei quali nessuno, tranne essi, avrebbe capita la ragione; e talvolta un'idea nostra ispirava il disegno a Temistocle e il disegno di Temistocle infiammava la musa dell'amico, che alla sua volta faceva fremere la matita nella destra del povero giovine.


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La scapigliatura e il 6 febbraio
di Cletto Arrighi
pagine 243

   





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