Era prima del quarantotto. Allora si era piú allegri...
In quelle ore di feconda follia spesso i turaccioli dello spumante francese volavano alla soffitta, col lieto scoppio che fa stendere i calici a chi mesce. Temistocle fra i vini non amava che lo sciampagna, l'ispiratore della cortese allegria, diceva lui, e alla peggio l'autore della nobile ubbriachezza; ma non isdegnava il punch per la sua fiamma turchina, e quando si dava fuoco alla miscela, nel vapore opalino che si svolgeva in leggerissimi globi dall'ardente bole ei vedeva una sfilata fantastica intrecciare le sue danze infernali dinanzi a' suoi occhi, che gli ispirava i bizzarri soggetti de' suoi disegni.
Molti di essi diventarono poi soggetti dei miei drammi... che non ho ancora fatto rappresentare... e che faranno furore...
Temistocle aveva sopratutto l'umor nero, che gli tormentava l'esistenza e gli schiantava l'energia del fare, nella disperata conclusione dell': a che scopo? Allora le sue lugubri pensate parevano pronostici della sua fine miseranda; litografie desolanti, vere immagini di quell'anima desolata.
Qua una povera fanciulla scalza, morente di fame e di freddo, che invoca un tozzo di pane per l'amor di Dio, da un banchiere che corre alla Borsa e la ributta con una ignobile parola, perché col capo nell'Augusta non si accorge neppure che la povera creatura è bella, e che la elemosina gli potrebbe fruttare... il prezzo dell'infamia.
Là una bara che esce a mattino dalla portaccia di un povero morto di miseria e di stenti, la quale s'incontra in due domini coperti di trine e di diamanti che mettono il piede calzato di raso sul predellino di una carrozza dorata e vanno a riposare dal veglione della notte.
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Dio Borsa Augusta Temistocle
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