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      Comperato un bel foglio di carta da lettere, tutto a rabeschi colorati, gli aveva scritto un'epistola cosí piena di candida tenerezza e di errori d'ortografia, che Emilio ne aveva riso per un paio di giorni.
      Che serve? Non è questo un mezzo come un altro? Che cosa ne sapeva lei, povera Gigia, di convenienze sociali e di tattica amorosa?
      La cara fanciulla si sentiva nell'anima un cosí ricco e smisurato tesoro di tenerezza, che non le venne neppur il sospetto che Emilio non le avrebbe corrisposto, quantunque fosse stata lei la prima a dichiararsi.
      Quanto a Emilio, sebbene volgesse i suoi desiderii amorosi da un'altra parte, non aveva avuto la forza di sdegnare un'avventura in cui era tanto accarezzato il suo amor proprio e stimolata la sua curiosità.
      La Gigia nella sua lettera non gli chiedeva che una risposta.
      Emilio per tutta risposta le mandò un biglietto in cui le dava appuntamento in casa sua pel dopo pranzo del giorno dopo. La Gigia allora scrisse una nuova lettera per pregarlo di mutare il luogo del convegno dalla sua stanza nella corte dell'ospital maggiore.
      - Ah vuol fare la virtuosa! - avea sclamato Emilio un po' smaccato - Vedremo.
     
      Il giorno dopo s'era trovato nella corte dell'ospitale e aveva veduta venirsi incontro la Gigia bella, linda, fresca come una rosa, e sorridente come se si conoscessero da un pezzo. E perché no? Non l'amava ella? Non era Emilio per lei, il piú caro essere della creazione? Non stava ella per ripeterglielo a voce? Questi pensieri le avevan ridonato tutto il coraggio, tutto il buon umore.


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La scapigliatura e il 6 febbraio
di Cletto Arrighi
pagine 243

   





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