Perciò, quando l'ebbe udito, la Gigia sulle prime restò quasi abbacinata dallo stupore; poi, come se le prendesse la disperazione, si gettò prona sul cuscino del sofà a piangere dirottamente.
A questo punto un omerico scoppio di riso risuonò insieme a molti applausi nella sala.
Teodoro ne avea detta una delle sue.
- Gigia, non farti scorgere, ti raccomando; - disse Teresa all'orecchio della povera ragazza sconsolata.
La Gigia si alzò cogli occhi gonfi e sclamò:
- Adesso comprendo! Pur troppo!
- Che cos'è che comprendi?
- Tu non sai. Tre o quattro giorni fa venne dalla Chaillon la contessa Firmiani a comandare un cappello, e, senza ch'io l'avessi mai veduta, la mi sorrise e la mi parlò, che non potevo capirne il perché.
- Ebbene?
- La contessa Firmiani è cugina della Dal Poggio.
- Dunque la Dal Poggio sa che tu sei l'amante di Emilio?
- Lo credo, se no, perché avrebbe mandata sua cugina?
- E sei stata a casa di questa Firmiani?
- Sí, il giorno dopo.
- Che cosa la ti disse?
- La mi parlò di Emilio.
- E tu?
- Ed io le confessai che gli voleva bene, ma che egli non pensava piú a me.
- E lei?
- Mi disse che facevo bene ad amarlo, che lo meritava, che è un bravo giovine...
- Vedi l'infame! E dicono di noi che...
- Ma può essere che lo facesse a fin di bene.
- Sei pur buona a crederlo! Se t'avessi a contare la mia vita, vedresti di che cosa è capace una donna... che ha carrozza e cavalli!...
- Sarà un caso...
- Un caso o no, è capitato a me... Ma non importa. Ricordati sopratutto di non dir nulla ad Emilio ch'io t'abbia detto quel nome.
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