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      - No, non temere... non gli dirò nulla... a che pro glielo direi? Egli mi negherebbe tutto ugualmente. Voglio prima accertarmi co' miei occhi, avessi a curarlo notte e giorno.
      - E poi?
      - E poi; - ripetè la Gigia fissando la compagna con due sguardi fiammeggianti - ah tu non sai tutto, Teresa, tu non sai tutto... Povera creatura ch'io sono!
      - Che c'è di nuovo? - sclamò l'amica alzandosi.
      - C'è, che s'egli mi avesse lasciata due mesi fa, ne sarei morta forse, ma sarei morta io soltanto; mentre ora... io non sono piú sola... mi capisci Teresa?... mi capisci?
      - Oh gran che! Sarai forse tu la prima...
      - Ma dunque, non mi comprendi? Se egli mi lascia come potrò io allevarlo...?
      - Che!? Sei tu pazza? Che idee ti frullano pel capo?
      - Come! - sclamò la Gigia - Tu vorresti forse che io non me lo tenessi con me... il figlio mio... il figlio del mio sangue...?
      - Ma sta a vedere...! Per che cosa fu fatto quel buco là, lungo il naviglio... a Santa Caterina?
      - Oh taci, Teresa!... taci!... Solo al pensarlo mi fa piú male che l'idea di perdere Emilio...
      - E tu fai conto di tenerti quell'impiccio in casa?
      - Ma dunque? Non sarò io la sua madre? Non gli avrò dato io la vita? Non sarà desso mio figlio?
      - Sí... ma e vivere, Gigia... e vivere?
      - Oh se c'è una provvidenza ci avrà bene a pensare!... Per Dio! non vivono tutte le madri che allevano i loro figli?... non vivono le rondini, che fanno il nido sotto il tetto della mia stanza, non vive la micia di mia madre che ne ha sotto quattro? Vivrò anch'io se c'è giustizia al mondo.


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La scapigliatura e il 6 febbraio
di Cletto Arrighi
pagine 243

   





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