E dato intorno un rapido sguardo, per assicurarsi di non essere sorvegliato da altri, si slanciò verso il luogo dove aveva intravveduto sparire quell'ombra.
- Eccolo! - gridò scorgendo di nuovo il fantasima scivolar fuori dell'atrio, e darla a gambe giú per la piazza.
Allora, a tutta corsa, si diede a inseguirlo nell'oscurità. Cogli occhi intenti, coi denti stretti, colle dita arrocigliate e pronte a ghermire, ei volava, volava veloce, come segugio sull'orme della volpe. E già gli pareva di raggiunger quell'ombra fuggitiva, quando, accortosi a un tratto che la gli era sfumata dinanzi, si fermò a riprender fiato, a scrutar nel buio se gli venisse fatto di scoprirla di nuovo, e tese l'orecchio.
La contrada che gli si apriva dinanzi, sebbene deserta e silenziosa, era però animata da un certo vago e indistinto brulicar di rumori, che ronzavan, per cosí dire, nell'aere, e che si potrebbero chiamare i bisbigli notturni del carnevale. Erano fioche note di istrumenti musicali, che partivano da qualche casa dove si ballava... portate dalla brezza, e coperte di quando in quando da qualche piú distinto schiamazzo di maschere ebbre ed urlanti.
Perduta ogni traccia dell'inseguito, Emilio imboccò la contrada, e, dati pochi passi, si accorse di uno strepito confuso di voci, di canti e di zufoli, che si avvicinava. Era prodotto da un grosso branco di maschere che spuntato poco dopo da una contrada di fianco si avviava frettoloso verso porta Comasina.
Innanzi a tutti camminavano a lesti passi certi due figuri, camuffati in una maniera cosí eteroclita e strana, che non si avrebbe potuto immaginare di piú.
| |
Emilio Comasina
|