Lo Spadon dei dodici - bizzarra metafora di S. Paolo - gli andò dietro.
Costui, giovine nei ventiquattr'anni, piccolo, tarchiato, macilento, era appunto uno di quegli astuti furfanti che usufruttuavano la cospirazione pei loro fini tutt'altro che onesti. Che mestiere facesse egli, sarebbe difficile il dirlo. A chi gli aveva mosso questa domanda coll'autorità di un giudice criminale, aveva risposto: venditore girovago. Il suo commercio variava colle stagioni: d'estate vendeva sorbettini e cocomeri a taglio; d'inverno selvaggina e tartufi, col qual pretesto aveva campo di mettersi in contatto col bel mondo negli alberghi e nei caffè.
- Era tempo di lasciarsi vedere; - disse egli ad Emilio appena furono in luogo da non essere intesi - non è questo il modo di agire, sai tu?
Emilio, come quegli che non aveva mai sofferto che altri gli parlasse arrogante, quantunque sapesse a che rischio s'esponeva con quell'uomo a non pigliarlo colle buone, si fermò sui due piedi, incrociò le braccia sul petto e squadratolo dal capo alle piante:
- Che cos'è quest'aria? - sclamò severamente - Credi tu forse d'impormi? Parla come si deve od io ti pianto qui sui due piedi e vado pei fatti miei.
- No signore! - disse Paolino sogghignando - lei non andrà pei fatti suoi prima di aver aggiustato i conti con me... se no...
Il tuono era mutato. Al tu confidenziale era già successo il lei.
Emilio gli si rimise allato.
- Se no che cosa? - chiese egli fingendo di non capire l'allusione minacciosa di quella frase interrotta.
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