- Se no... bruttura! - rispose Paolino con una parola furbesca, che vuol dir tutto, e non vuol dir nulla.
- Ah caro mio! - sclamò Emilio crollando il capo in aria di disprezzo e di compatimento - Ascolta, Paolino, e sta bene attento a ciò che sto per dirti, perché ti assicuro che il dimenticarlo ti potrebbe costare molto caro, un giorno o l'altro. Io so benissimo che la mia vita è in tue mani, e che volendo, potresti stanotte istessa farmi tradurre dritto in castello.
- Ed io, dunque, non sono anch'io in questa circostanza?
- Sí; colla differenza che tu stai sicuro di me, mentre io non sono sicuro di te.
Paolino non fiatò.
- Non mi rispondi? Sai che il proverbio dice: chi tace conferma. Dunque, se è cosí, vedi che tu sei un birbante - continuò Emilio fra i denti.
- Ohe! - fece Paolino.
- Sei un ribaldo!... Làsciatelo dire; sei un ribaldo... Tanto per farti vedere che non ho paura di te. Ascolta bene, Paolino: se tu hai nelle mani questo infame mezzo, io ne ho un altro molto piú segreto e piú terribile, che fa giustizia quando il colpevole meno sel pensa, e che fino adesso non ha né fallata una vittima né scoperto un punitore... Ricordati dell'arcangelo Gabriele.
Per comprendere quest'ultima frase di Emilio bisogna sapere ciò che segue:
Qualche mese prima "di pieno giorno, in una delle contrade piú centrali della città" - la contrada del Durino - "il protomedico Vandoni, ritornando dal palazzo civico alla sua casa, era stato pulitamente soffermato da un giovine di bell'aspetto e in buon arnese, che cavato il cappello gli si accostò per parlargli vicinissimo.
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