Forse non mi resterebbe che di abbandonarlo alla propria sorte."
Ebbene," diss'io "s'ella ha fede in me sono pronto a fare ciò ch'ella desidera."
Allora mi ringraziò vivamente. Io cercai di lasciargli una ricevuta della somma; egli si rifiutò di accettarla, e postimi in mano i biglietti di banca soggiunse:
Ora possiamo tornar a Milano; giungeremo a tempo di non essere veduti da alcuno."
Io misi nel portafoglio le trentamila lire che oggi, come sai, sono diventate quarantamila coi risparmi. Tuo padre andò a prenderti, e dopo avermi ribendati gli occhi rifacemmo la strada in carrozza ed entrammo in Milano che spuntava l'alba. Ti deponemmo dove sai, poi egli andò da una parte, io dall'altra verso casa.
Lo stesso giorno io sapevo chi era tuo padre; il suo nome mi fu rivelato dal libro di negozio, sul quale stava registrata la vendita del quadro di cui ti parlai, fatta diciott'anni prima dal mio al padre di lui. Ne chiesi novella intorno, trovai chi lo conosceva, e ai connotati capii che era veramente lui. Stetti circa dodici anni senza rivederlo, né sentirne a parlare. Allora tu eri in collegio, e non mi conoscevi ancora. Finalmente un dí leggendo il giornale mi cadde sott'occhio il di lui nome fra gli arrivati a Milano di quella giornata. Veniva da Genova.
Mi prese curiosità di rivederlo, e infatti trovai modo di incontrarlo in istrada e di fissarlo. Era lui; invecchiato di dodici anni, ma era lui. Mi guardò, ma o fece mostra di non conoscermi, o non mi ravvisò davvero, e passò oltre.
| |
Milano Milano Milano Genova Milano
|