E con un sublime sorriso si volse nuovamente a combattere.
Era Niso Piertini.
I Tedeschi, quantunque tre volte piú numerosi, non vedendo arrivar alcun soccorso, cominciarono a gettare le armi e a fuggire.
Emilio e Niso animando i combattenti compagni si diedero a inseguirli; parecchi ancora ne trucidarono alle spalle; a quelli che si volgevano, cadendo in ginocchio e chiedendo grazia, toglievano l'arma, poi li scannavano miseramente sul posto. Era in essi un delirio di strage...
Cosí inseguendo i fuggiaschi arrivarono sulla piazza del Castello. Appena che i Tedeschi videro quelle mura di salvezza levarono alte grida unanimi per chiedere soccorso; ...ma non avevano dato dieci passi sulla spianata che un altro drappello d'insorti uscí correndo da una contrada laterale, e gettandosi fra essi e la porta del forte, precluse loro lo scampo. Alcuni s'arrestarono, e sopraggiunti da quelli che li inseguivano colla punta delle armi ne' fianchi, lasciarono sul luogo la vita; gli altri si sbandarono nella vasta piazza.
Intanto quel secondo nucleo di insorti, comparso improvvisamente sul fianco del castello, si dirigeva a corsa verso la porta di esso coll'audacissimo pensiero di assaltare il presidio che, ancora ignaro di tutto, non si guardava menomamente. Erano una trentina a dir molto, e fra tutti avevan tre fucili; gli altri, stili e stocchi.
Emilio e Niso, lasciando di dar la caccia agli sparpagliati nemici, si diressero tosto verso coloro, seguiti da una diecina di compagni, e non appena le due schiere, avvicinandosi velocissimamente ad angolo retto, furono in grado di potersi ravvisare, Emilio, nei due animosi che conducevan quei pochi all'assalto, riconobbe altri due dei sette, e volgendosi a Niso, sclamò con sorpresa:
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