Ella era cosí bella, e aveva qualche cosa di cosí attraente nella persona, che tutti gli sguardi stavano rivolti su di lei, come affascinati. Era impossibile guardandola di non sentir nell'anima un misto di ammirazione e di pietà: ammirazione per la sua bellezza; pietà pel misterioso e profondo dolore che si rivelava, forse suo malgrado, negli occhi divini e nell'estrema pallidezza delle guancie. Vestiva a lutto, che le stava a meraviglia, ed era stupendamente intonato coll'aria della sua fisonomia. Si sarebbe detto ch'ella spandesse intorno a sé un misterioso profumo di grazia e di malinconia.
L'uomo che le sedeva accanto e la sogguardava di quando in quando con tenera sollecitudine, pareva, a tutti i segnali, suo marito. Portava anch'egli il lutto sul cappello. Di quando in quando le rivolgeva la parola sottovoce con una specie di riguardo,... di discrezione delicata,... come se temesse di disturbarla. Le sue domande erano sempre brevi, e quando ella gli aveva risposto, o con un monosillabo, o con un leggero moto del capo, o con un mesto sorriso, egli taceva di nuovo per qualche tempo, e stava a riguardarla con affetto.
Quanto a lei, sarebbe stato difficile il dire se fosse ritrosa, o annoiata, o soltanto indifferente per quella discreta sollecitudine del suo compagno. In tutta la sua persona c'era un indefinibile languore; quel languore - come dice Byron - che non è riposo, e che negli infelici dissimula a stento la stanchezza d'un'anima che non ha piú speranza, e che sta rassegnata sotto una sventura senza rimedio.
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Byron
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