In molte cittą i sindacati e i comitati di fabbrica e di officina vollero subito prendere in mano la direzione delle imprese, disporre liberamente dei prodotti, allontanare i vecchi imprenditori, e determinare le paghe con criteri autonomi. Ma tutti questi passi incontrarono la reazione accanita del partito comunista, ormai divenuto partito di stato.
Il partito comunista, che era stato al fianco della massa rivoluzionaria e aveva emesso parole d'ordine cosģ estremiste da parere spesso anarchiche, cambiņ decisamente condotta non appena il governo della coalizione fu abbattuto e il potere passņ nelle sue mani. Da quell'istante e per quel partito la rivoluzione, come movimento delle masse lavoratrici guidate dalle parole d'ordine dell'ottobre, era finita. Il nemico capitale dei lavoratori, la borghesia industriale e agraria, era stato vinto. Il periodo del superamento e della distruzione delle forze del regime capitalistico era finito: cominciava quello della costruzione comunista, l'inizio dell'edificazione proletaria. Perciņ ora la rivoluzione puņ passare soltanto attraverso gli organi dello stato. Prolungare la situazione in cui gli operai continuano a comandare dalla strada dalle fabbriche e dalle officine, mentre i contadini non sentono affatto l'autoritą nuova e si sforzano di ordinare la loro vita indipendentemente da quella, porta con sč pericolose conseguenze e puņ disorganizzare il ruolo statale del partito. A tutto ciņ deve essere posto termine con ogni mezzo disponibile, anche con l'oppressione esercitata dallo stato.
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Versione con traduzione di Virgilio Galassi
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