Uscito di prigione Machnò tornò immediatamente a Guliai-Pole, dove la massa dei contadini lo accolse con vera simpatia. Era l'unico condannato politico del villaggio, riportato a casa dalla rivoluzione, cosicchè divenne involontariamente oggetto di fiducia e stima da parte dei contadini: non più giovinetto poco preparato, ma combattente esperto, armato di volontà decisa e forte e di un preciso piano di lotta sociale.
Arrivato a Guliai-Pole si mise subito all'opera rivoluzionaria, cercando sopra tutto di organizzare i contadini del suo villaggio e di quelli vicini; creò il sindacato dei braccianti, organizzò una comune, formò il consiglio contadino. Il compito che lo agitava era quello di legare e organizzare la massa contadina così solidamente, che da sè potesse cacciare per sempre tutta la razza dei feudatari-governatori e costruire da sola la propria vita. Questo lavoro organizzativo in mezzo ai contadini egli condusse non come predicatore ma come combattente tutto pratico, che cercava di unire i lavoratori facendogli osservare quanti inganni vessazioni ingiustizie dovevano concretamente patire dalla società schiavistica. Durante il periodo di Kerenski e nei giorni dell'ottobre fu presidente dell'unione contadina della regione, presidente del comitato della terra, del sindacato metallurgici e falegnami, infine presidente del consiglio dei contadini e degli operai di Guliai-Pole.
Intorno alla metà dell'agosto 1917, quale presidente del consiglio, radunò i proprietari fondiari e i possidenti della regione, si fece consegnare i documenti comprovanti l'estensione della loro terra e compiè un inventario preciso di tutti i loro beni.
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Versione con traduzione di Virgilio Galassi
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