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      Il congresso si meravigliò non poco del telegramma del «compagno» Dybenko che lo chiamava controrivoluzionario, mentre proprio la sua regione aveva alzata per prima la bandiera della rivolta, ed espresse una vibrante protesta.
      Ecco, «compagno» Dybenko, dinnanzi a voi il quadro che vi deve fare aprire gli occhi. Cercate di comprendere! Pensateci! Avete voi, singolarmente, il diritto di dichiarare controrivoluzionario un popolo di più di un milione di uomini, che ha rotto le catene della servitù con le sue mani callose e che ora si costruisce la vita come gli piace?
      No! Se siete un vero rivoluzionario dovete aiutare questo popolo a combattere gli oppressori e a costruirsi una vita libera.
      Possono leggi di uomini, che si dichiarano rivoluzionari, dargli il diritto di dichiarare fuori legge un popolo più rivoluzionario di loro? (Il comitato esecutivo del consiglio impersona infatti tutta la massa popolare). È ammissibile e ragionevole introdurre leggi oppressive nel paese di quel popolo che da poco si è liberato di tutte le leggi e ne ha cacciato tutti i sostenitori?
      Ci può essere una legge che dia a un rivoluzionario il diritto di adottare le più severe misure di punizione su quella massa rivoluzionaria, per la quale egli combatte, per il fatto che la massa popolare si è presa senza autorizzazione quei beni, la libertà e l'uguaglianza, che il rivoluzionario le prometteva?
      Può la massa popolare rivoluzionaria tacere, quando un rivoluzionario le toglie la libertà che si è conquistata?


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Storia del movimento machnovista
di Pëtr Andreevic Aršinov
pagine 356

   



Versione con traduzione di Virgilio Galassi