Contro di lui mandarono un corpo speciale, formato di dodici o quindici reggimenti di cavalleria e di fanteria. Ma la guerra non era soltanto con l'esercito di Machnò. Quasi tutti i villaggi della regione machnovista, occupati dai denikiniani, sofferserso distruzioni e rovine. Le case dei contadini furono saccheggiate, i contadini oppressi e uccisi. Gli ufficiali si vendicavano su di loro della rivoluzione.
Dai primi giorni dell'occupazione di Guliai-Pole, i denikiniani presero a fucilare i contadini e a saccheggiarne le case, mentre centinaia di carri e di carrette, carichi dei beni così rapiti erano spinti verso il Don e il Kuban dai cosacchi di Shkuro. Quasi tutte le donne ebree del villaggio furono violentate.
Perciò all'esercito di Machnò, che si ritirava, erano venute dietro da diversi villaggi migliaia di famiglie contadine con tutti i loro averi e il loro bestiame. Si era formato un immenso convoglio, lungo centinaia di verste; come un'immensa migrazione di popolo, un vasto «reame sulle ruote», che si muoveva verso occidente, dietro l'esercito. Dalla strada della ritirata questa immensa e pesante massa di profughi si disperdeva nelle varie località dell'Ucraina. Ma i più persero la casa e i beni, molti la vita.
Dapprima Machnò si fortificò sul Dnepr, presso la città di Aleksandrovsk e per qualche tempo tenne il ponte Kickasski.53 Poi, aumentata la pressione nemica, si ritirò su Dolinskaia e di qui su Elisavetgrad.
In quel momento le truppe sovietiche avevano perso ogni significato in Ucraina: una parte era stata portata nella Russia Grande, le altre esitavano, prese da sfiducia nei loro capi.
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Versione con traduzione di Virgilio Galassi
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