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      Tutto ciò accadde nello spazio di due o tre minuti, davanti agli occhi del congresso.
      In un primo tempo il congresso restò un poco turbato per l'accaduto, ma poi, dopo che ebbero parlato Machnò, Ciubenko e altri rappresentanti del movimento machnovista, il congresso approvò gli atti compiuti, dichiarandoli storicamente inevitabili. Nella relazione protocollare del congresso il movimento machnovista prese su di sè tutta la responsabilità di quanto era avvenuto e delle sue conseguenze. Tutte le brigate partigiane che erano state al comando di Grigoriev, conformemente alle deliberazioni del congresso, entrarono a fare parte dell'esercito degli insorti machnovisti.55
      Abbiamo detto che le poche forze sovietiche, restate in diverse località dell'Ucraina, erano prese da sfiducia nei loro comandanti. Esse consideravano la fuga ignominiosa dell'autorità sovietica un tradimento alla rivoluzione, mentre Machnò diveniva l'unico centro alle speranze rivoluzionarie del paese: verso di lui si volgeva quindi lo sguardo di tutti quelli che volevano combattere per la libertà, restando sul luogo. Questo modo di pensare e di sentire entrò anche fra i reparti dell'armata rossa rimasti in Ucraina: alla fine di luglio i reparti bolscevichi della Crimea si ribellarono e si unirono a Machnò.
      La rivolta fu organizzata dai comandanti machnovisti restati nelle file della armata rossa, Kalashnikov, Dermengi e Budanov. Da Novi-Bug a Pomoshcnaia, venivano avanti intere unità della armata rossa: cercavano Machnò e gli portavano prigionieri i loro ex comandanti, Kocerghin, Dybetz, e altri.


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Storia del movimento machnovista
di Pëtr Andreevic Aršinov
pagine 356

   



Versione con traduzione di Virgilio Galassi




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