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      Prima di morire si mise a imprecare orribilmente e sopratutto ingiuriò Fedia perchè era stato proprio lui che l'aveva condotto lì e poi l'aveva tradito.
      Fedia raccontò questo: fatto arrestare da Mantzev, gli fu proposto di scegliere fra la fucilazione e la partecipazione nella Ceka all'uccisione di Machnò; accondiscese alla seconda proposta, giustificandola col desiderio di prevenire il compagno Machnò di quanto si ordiva contro di lui. Fedia si comportò con grande fermezza; dichiarò di meritare la morte per aver lavorato alla Ceka, ma di averlo fatto allo scopo di prevenire Machnò, volendo morire per mano dei suoi compagni.
      Si comprende che gli insorti non potevano lasciare impunita la sua opera nella Ceka, qualunque fosse lo scopo al quale era stato guidato poichè un rivoluzionario per nessun motivo può servire la polizia, cosicchè Fedia Glushcenko fu ucciso insieme a Kostiuchin. Davanti alla morte Fedia mostrò sangue freddo, disse di meritarla, ma pregò di riferire ai compagni machnovisti che non moriva come un malfattore, ma come fedele amico degli insorti, entrato nella Ceka soltanto per salvare colla sua morte la vita di Machnò. «Addio» furono le sue ultime parole.
      Così finì il tentativo della Ceka panucraina di uccidere proditoriamente, a mezzo di uomini pagati, il capo del movimento insurrezionale rivoluzionario, il compagno Machnò.
      Il consiglio degli insorti rivoluzionari (machnovisti) dell'Ucraina.
      21 giugno 1920».
      Per tutto il 1920 e negli anni seguenti l'autorità sovietica combattè il movimento machnovista levando la bandiera della lotta contro il banditismo.


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Storia del movimento machnovista
di Pëtr Andreevic Aršinov
pagine 356

   



Versione con traduzione di Virgilio Galassi




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