Tremila combattenti rivoluzionari erano circondati da un esercito di 150.000 uomini. Machnò non perse il coraggio neppure un momento e iniziò contro quelle truppe una eroica lotta a corpo a corpo. Serrato d'ogni parte dalle divisioni rosse, riuscì a passare come un titano leggendario, battendo e respingendo i nemici a destra e a sinistra, di dietro e di fronte.
Sconfitti alcuni gruppi dell'armata rossa e fatti prigionieri più di 20000 uomini, Machnò, quasi non volesse vedere nulla innanzi a sè, marciò verso est, su Iuzovka, dove, come lo avevano prevenuto gli operai della zona, si trovò dinnanzi una compatta linea di difesa nemica; allora serrò improvvisamente verso ovest e avanzò per vie fantastiche, note a lui solo.
Abbandonate le strade, l'esercito marciò per centinaia di verste sui campi di neve, guidato dalla stupefacente capacità di orientarsi su quel deserto bianco, propria di Machnò77. Questa tattica permise all'esercito machnovista di sfuggire a centinaia di cannoni e di mitragliatrici che lo circondavano e nel contempo di battere, nella zona di Cherson, presso il villaggio di Petrovo, due brigate della prima armata di cavalleria che ritenevano Machnò lontano più di cento verste.
La lotta si protrasse per alcuni mesi in mezzo a combattimenti continui, di giorno e di notte.
Nella provincia di Kiev l'esercito machnovista capitò nel periodo in cui la neve si ghiaccia al suolo e in una zona così sconnessa e irta di rocce che dovette abbandonare tutta l'artiglieria, le vettovaglie e quasi tutti i carri.
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Versione con traduzione di Virgilio Galassi
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