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      Non posso dire che il sor Checco violasse il patto. Ma certo, povera zi' Anna, ancora mi fa compassione se penso alle tribolazioni che passava. La vecchia, per esempio, amava un bicchier di buon vino; e forse cogli anni ne sentiva il bisogno. Ma era mai muso di riuscire a mandarne giú uno a pranzo o cena? Mai. Il sor Checco se la teneva accanto; appena a sedere, gli empiva il bicchier d'acqua e poi una lagrima di vino. E non l'aveva ancora finito di vuotare che glielo riempiva, dicendo: - Bevi! - Lei poverina nel suo dialetto rispondeva: - Ma mo' propio so' beto!(1) - Le ho viste cader le lacrime persino, povera zi' Anna! Inutile. L'inesorabile sor Checco non diede vacanza un giorno a questo piacevole scherzo. Undici mesi passai a Marino; undici mesi durò né piú né meno. Io però ci provvedevo, e il vino che beveva senz'acqua lo deve a me. Questi erano i vecchi di casa. Passiamo ora ai giovani.
      La sora Nina, figlia del secondo letto del sor Checco e sua unica erede, era l'anello vivente che in casa Tozzi congiungeva la classe de' contadini in camiciola a quella de' cittadini in vestito a falde.
      Mentre le due vecchie portavano il pittoresco vestiario del paese: rete nera o verde-scuro in capo, come i briganti nell'Ernani, collo spadino d'argento di soprappiú; busto rosso e sottana turchina; la sora Nina vestiva invece un abito che ad enorme distanza e con qualche infedeltà, è vero, ma seguitava pure il figurino del Journal des Modes di Parigi.
      Non ho mai veduto, dopo che sono al mondo, essere piú apatico della sora Nina. Meglio assai a lei che non al Iustum et tenacem propositi virum d'Orazio, si sarebbe applicato il famoso impavidum ferient ruinæ; fosse cascato il mondo non v'era certo da sperare che desse segno di non esser un pezzo di legno.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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