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      Non aggiunse però, né io gli chiesi altro pel momento. Mi disse soltanto: - Bisogna che stia qui fuori qualche tempo, e che m'aiuti guardarmi la vita.
      Questo programma, nel quale figuravo come guardia del duca Filippo, prometteva gran diletto, come ognun vede, a chi ha occupazioni, e non pensa che a studiare, ma, ripeto, come rifiutarsi in un caso simile?
      Entrai dunque in servizio.
      Questo servizio però non alterava gran fatto le mie abitudini. A Marino in quei tempi - era l'età dell'oro de' briganti che talvolta capitarono ne' contorni - a nessuno veniva in mente d'uscir di casa per allontanarsi mezzo miglio senza prendere lo schioppo. Era un'abitudine come prendere il cappello. Ne fu dunque consegnato uno anche a don Filippo, e ci accompagnava nelle nostre gite, sempre avendo un po' l'occhio alle siepi, ai fossi ed ai luoghi ove paresse possibile l'imboscata. Avevo fatta nota al sor Checco la posizione piú che interessante del nostro duca, ed il sor Checco, che di simili posizioni se n'intendeva, capí a mezza parola, e promesse che starebbe attento se si vedessero ronzare faccie sconosciute dentro o fuori paese.
      Mentre andavo a studiare, don Filippo non usciva di casa, e faceva versi. Pagine e pagine di sciolti, che dovevo subire mano a mano che venivano alla luce; ne' quali erano qua e là lampi d'ingegno, ma nuotanti in vortice de' maggiori furori contro tutto ciò che esiste, ha esistito, o potrebbe esistere in fatto governi e religioni, da far parere acqua fresca il giornale di Marat ed i numerosi suoi discendenti.
      Pure le cose camminarono tollerabilmente coi soli inconvenienti per me dei versi da sentire, dell'aver sempre a combattere coll'argento vivo, la polvere fulminante ed il terremoto personificato; e quanto al conversar familiare, d'aver il travaglio d'un interlocutore, che non è mai nel vero, nel semplice, nel reale, ma va a sbalzi continui sempre o troppo di qua o troppo di là. Quanto ai timori che ci avevano procurata la compagnia del duca, non accadde altro se non che un giorno, trovandoci a cavallo per certi viottoli chiusi fra alte siepi, ed essendo egli rimasto un po' addietro, s'udí uno sparo, e don Filippo riunendosi a noi di galoppo, disse che gli era stata data un'archibusata.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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