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      Non mi dissero né di dove venivano, né dov'erano avviati, e neppure ebbi curiosità di chiedergliene. Non mi parve vero di vederli fuor dell'uscio, diedi loro il buon viaggio, e dicendo fra me:
      - Senza ritorno - presi il lume e salii per andarmene a letto. Venivo piano piano onde non isvegliare don Filippo, che dormiva nella camera accanto alla mia ed era già ito a letto quando costoro ci giunsero.
      Altro che svegliarlo! Me lo vedo ritto sull'uscio suo, senz'altro indosso che la camicia, e gli dico mezzo ridendo:
      - Credevo che andavi pel secondo sonno!
      - Non dormo, no; non dormo - mi risponde tutto torbido, e mentre io passava avanti dandogli la buona notte, mi dice: - Senti... - e m'avvidi che voleva parlarmi e non trovava l'esordio.
      - Be' che t'occorre?
      - Dimmi c'è stato giú... hai avuto visite?
      - Sí, e per dir la verità, non vorrei fosse ogni sera. Matti gloriosi, che non han da far niente, e non lascian dormire chi ha da lavorare.
      - M'è parso di sentir la voce di Targhini.
      - Difatti c'era Targhini, Montanari, e parecchi altri.
      - Ma tu conosci Targhini?
      - Io no. Conosco Montanari e un altro - che gli nominai. Don Filippo s'era venuto scostando dal suo uscio mentre si discorreva, e postosi a sedere in fondo all'andito, nel quale mettevano le nostre camere, vicino ad un finestrone a ringhiera che pel caldo rimaneva sempre aperto la notte. Era uno stellato grandissimo. Sbuffava, e non diceva nulla. Alla fine, come prendendo una penosa risoluzione, mi dice:
      - Di' la verità, nessuno di costoro t'ha mai detto nulla?
      - Detto... cioé?
      - Si, t'ha mai proposto nulla?
      - Che vuoi mi proponessero?...
      - Insomma, in una parola, t'hanno mai chiesto d'entrare nella loro società?
      - No, davvero.
      - Di certo?
      - Di certissimo.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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