L'orgoglio si soddisfa di se stesso, è indipendente, e non mendica applausi volgari. La vanità è cortigiana di tutti, s'inchina e tende la mano al primo che passa, per aver la limosina d'un bravo! L'orgoglio conforta il merito calpestato dalla mediocrità, lo consola del suo obblio e de' suoi scherni, dicendogli: - Se non ti pregia, suo danno! non mancherà che ti pregi; l'avvenire, se non altri. - La vanità invece è sempre incerta di se stessa, sempre paurosa, ha bisogno di chi l'ammiri in ogni occasione ed in tutti i momenti. L'orgoglio e la vanità cercano bensí fama ambedue: ma il primo non la vede se non nell'omaggio della opinion pubblica dell'intero mondo - e piú se potesse. Alla seconda basta la popolarità, fosse d'un paesetto e non durasse che un giorno, meglio che niente.
Applico ora la mia teoria. Suppongo la porta d'una società segreta, e vi metto di guardia da un lato l'orgoglio, dall'altro la vanità.
Si presenta un giovane per entrare. Che cosa gli dice il primo?
- Oh che motivi hai tu d'andarti a vendere anima e corpo? di metterti al collo la cavezza come un giumento, per chi neppur conosci? Per chi non vale piú di te, e forse può valer meno? Perché dovresti obbedire ad ordini de' quali neppur si degneranno dirti il motivo? Perché ti faresti istrumento di un disegno che non è il tuo, che neppure ti fu dato discutere? E chi è alla fine costui che accetteresti per padrone? Che gran cosa ha fatto? Perché non ubbidirebb'egli e non comanderesti tu? Diranno che ti arresti per poco animo! E che importa a te di quel che dicon costoro? Non son essi i tuoi giudici. Vengano a dirtelo in viso, e vedranno chi avrà piú animo, tu, ovvero essi, ecc., ecc.
Cosí dirà l'orgoglio, e se il giovane è di alti spiriti volterà strada.
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