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      A quali torture morali non si mette il buon senso, quanti fatti, quante cifre non s'improvvisano per turare la bocca alla replica, aver l'ultima parola, ed ottenere gli onori della sensazione!
      La vera riputazione e la stima di chi capisce se ne va con queste industrie; ma la vanità, d'appetito insaziabile e di buona bocca, ha avuto il suo pascolo ed altro non cerca.
      Vanità benedetta, quanto male ci hai fatto! Se si riandassero tutti gli errori che si commisero da dieci anni in qua, si troverebbe che non tanto ci hanno rovinato i tipi Catilina, quanto i tipi prima donna?
      Già lo dissi, è risoluzione presa, e non voglio esser cattivo; non passo quindi alle applicazioni: ma chi vorrà aver la flemma di trovarsele da sé, mi saprà dire se ho ragione.
      Avevo supposto dianzi che il mio lettore fosse un teologo. Se avessi indovinato, egli sarebbe in diritto di dirmi: "Questa è nuova eresia! fare il panegirico dell'orgoglio".
      Intendiamoci dunque. Io lo dissi meno funesto della vanità, ma non ne feci il panegirico. L'orgoglio non può mai fondarsi sul vero, onde è cosa fallace e perciò cattiva. Fo una similitudine.
      Se il famoso meccanico Vaucanson fosse riescito a dare il pensiero ad uno de' suoi automi, e che questo avesse provato orgoglio della propria mirabile struttura, non poteva Vaucanson dirgli: - Ti sei forse fatto da te?
      No, non dirò mai che l'orgoglio sia buon movente degli atti umani: il buono, il solo movente accettabile per un alto cuore è il principio del dovere e del sagrificio, e quel principio riposa... Ma che diamine vo dicendo?
      Mille milioni di perdoni, lettore mio!... non so in verità dove stessi col cervello! Altro che il sor Checco, e Venanzio, e Marino! Un trattato di morale né piú né meno mi veniva pescato nel calamaio, se non me n'accorgo a tempo.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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