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      Dormono. Verso sera riprendono poi la vanga per due o tre ore. Trovavano strano ch'io lavorassi sino a mezzogiorno, ed uno mi disse una volta: - Come fai a regge lo sole? - Ajo lo capo piú duro dello teo - risposi; e molto mi ringraziò della spiegazione.
      A proposito del caldo, mi vien in mente d'un certo canonico grasso grasso, buonissima persona, che cosí un poco disegnicchiava anch'esso, e volle un giorno vedermi lavorare. L'avvisai che badasse, non avendo fatto l'abito, che il sole non gli avesse da far male: ma vinse l'amor dell'arte, e volle venire. Sul primo andò benone; poi a mano a mano che il sole si faceva alto principiò a soffiare, si mise il fazzoletto sul nicchio, e poi in maniche di camicia; e ciò nondimeno s'era fatto rosso come un papavero, col viso lustro che pareva uscisse di fontana; alla fine gli convenne andarsene, e ci ebbe a star a letto con un'infiammazione e cacciarsi sangue.
      Ma non si tratta di caldo soltanto: si tratta d'insetti che vi pungono, di mosche che vi fanno il solletico sul naso mentre avreste bisogno d'aver piú ferma la mano, di zecche che vi si cacciano sotto panni. (La zecca è un insetto tondo, del genere acarus, largo come una grossa lente, piatto, e con molte zampe corte, che s'attacca all'uomo come alle bestie; e s'appiglia cosí sodo alla pelle, che neppur coll'ugne non si riesce a levarlo. Il male è che lavora senza che uno se n'accorga, e quando comincia a prudere è già alloggiato. V'è però un rimedio facilissimo, tanto piú ai pittori a olio. Bisogna metter orizzontale il punto ove sta la zecca, e col dito lasciarle cadere addosso una goccia d'olio, che vi rimanga un quarto d'ora: l'insetto si stacca da sé). Si tratta insomma d'avere dirette contro la vostra persona tutta l'infinita varietà d'armi offensive, tutti i pungoli, i dardi, le seghe, le tanaglie, le trombe assorbenti, ecc., onde la natura ha provvedute le piú deboli delle sue creature: e la fatica di difendersi da questa levata in massa, aggiunta all'atmosfera bollente, infastidisce e stanca alla lunga piú assai del lavoro.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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