Difatti la ferita non era mortale, ed ambedue, quella del vestito come quella della pelle, si poterono rimarginare facilmente. Ecco come si viveva a Marino nel 1824-25.
Il sor Fumasoni ha poi per me un altro distintivo. Fu il primo che mi commettesse un lavoro. Mi trovò un giorno, e mi disse che in una cappelletta posta appié della scesa che dal paese conduce a Castello, la compagnia della quale era anziano aveva fatto collocare un crocifisso di legno grande al vero. Stava in una nicchia assai grande, e si trattava di dipingerla onde la figura avesse un po' di campo. Mi pregò di assumere quest'impresa, e mi domandò quanto gli sarebbe costata. Io ne parlai con due amici pittori, e fu stabilito di condurre quest'opera pel solo corrispettivo di un pranzo.
Al sor Fumasoni parve d'averne buonissimo mercato, ed a noi, consci della nostra abilità, parve altrettanto. Una mattina per tempo ci mettemmo all'opera tutti e tre in una volta, senza fissar prima il concetto generale del quadro, ma rimanendo ognuno libero di dipingere ciò che la musa gl'ispirasse. Io, che mi trovavo sulla destra, dipinsi un mare con certe galere; quello di mezzo, alla mia sinistra, fece un gruppo di pini con delle pecore che pascolavano; ed il terzo, una linea di palazzi, con in fondo la cupola di San Pietro. Questi tre concetti si legavano insieme pel solo motivo che, quando la tinta è fresca, si lega sempre colla sua vicina; ma in altro modo, no davvero! Eppure il sor Fumasoni ammirò l'opera, ne ammirò la franchezza, ne ammirò la velocità; che, cominciato il lavoro alle sei, era finito e perfetto a mezzogiorno.
Il curioso di questo fatto è che per aiuti e fattorini, per portarci l'acqua, i pentolini, lavarci i pennelli s'ebbero tre banditi, ritirati in quella cappella dopo qualche omicidio, ai quali non parve vero d'interrompere la monotonia della loro vita con quella divertente e per loro nuovissima operazione.
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