Non bisogna che chi legge la parola banditi s'immagini brutti ceffi, stralunati e feroci; i banditi dei Masnadieri, verbigrazia. Niente affatto. Certo anche i brutti ceffi si trovano colà, ma sono in bande numerose ed in montagna; e, come avremo occasione di dire, vestono in modo ancor piú vago e pittoresco di quelli che ci presentano i nostri impresari. I banditi invece della nostra cappella erano giovanotti di prima barba, che per umana fragilità avevano lasciato correre il coltello piú del bisogno in un momento di collera; ma del resto bonissimi ragazzi, coi quali ce la passammo d'ottimo accordo in quella mezza giornata.
Suonato mezzogiorno, il Fumasoni ci condusse sotto certe ombre fresche in fondo alla valle, ov'era apparecchiato pulitamente sull'erba, e si desinò allegri e contenti, senz'ombra di rimorso di mangiare il nostro pane a tradimento, dopo l'atroce imbratto che avevam dipinto al nostro troppo indulgente mecenate.
Ora, dalla monografia del Fumasoni passerò a quella del sor Iacobelli, altro avventore dell'ora del pranzo; nel suo genere, come si vedrà, esce dall'ordinario.
Il sor Iacobelli non era di Marino, ma di Rocca di Papa. Capitava però spesso, e non mancava mai di venirmi a trovare, essendoci conosciuti quando abitavo la Rocca.
Costui, quantunque campando sul suo ed uomo comodo piuttosto, era però piú rozzo del Fumasoni e del sor Checco. Aveva una cinquantina d'anni, statura media, faccia lunga e sempre gioviale, con una bocca che arrivava all'orecchia, e due file di denti bianchi e lunghi continuamente in vista, in virtú d'un riso perenne come quello degli dei d'Omero. Del resto, quanto a forme, pareva dirozzato coll'ascia, anzi col piccone.
Ad onta d'un'apparenza cosí grossa, il sor Iacobelli era ornato tuttavia d'una qualità morale sommamente romantica.
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