E questo fatto non fu il solo. Ebbe il suo compagno, pel quale l'Inquisizione s'incaricò poi di ricondurre gli affetti del Iacobelli ad una meno calda espressione.
Egli non amò soltanto suo padre; amò altrettanto e piú sua moglie, e volle il destino che anch'essa morisse. Ecco di nuovo il vedovo nella medesima passione, e risoluto questa volta a non perdere neppure un capello della sua donna. L'avventura si faceva ora piú ardua, e dovette corrompere il sagrestano, coll'aiuto del quale soltanto gli poteva venir fatto di ricuperare il corpo. Il sagrestano, sedotto da una grossa mancia, acconsentí, e nella notte che venne dopo il funerale, il Iacobelli, aiutato dal suo complice, riportò in casa la defunta e la ripose dentro una madia da far il pane, coperta e confettata con un monte d'aromi e spezierie, delle quali era corso a fare ampia provvista a Roma.
Passò parecchi anni con questa singolare compagnia, né mai persona in paese ebbe sospetto del fatto.
Ma siccome tutto finisce a questo mondo, e le cose piú belle anch'esse dopo un pezzo vengono a noia, un bel giorno il sor Iacobelli trovò che in fatto compagnia era possibile trovar di meglio: e questo meglio lo vide in una giovinetta bionda e bellina che ebbi l'onore di conoscere personalmente.
Quantunque egli fosse d'età molto maggiore, siccome era però benestante, non trovò troppe difficoltà ad ottenerla; ed il matrimonio si fece. La madia col suo prezioso deposito fu collocata in luogo in disparte, e sopr'essa (istorico) le opere che lavoravano alle vigne facevano i loro pasti.
Ma un giorno, come andasse la cosa non lo ricordo, la sposa, mentr'era assente il marito, giunse a scoprire il gran segreto. Di comare in comare la cosa giunse all'orecchio del Sant'Uffizio, ed il sor Iacobelli fu condotto nelle sue carceri sotto l'accusa di sepoltura violata, ed ebbe da tribolare un buon poco prima di rivedere i suoi penati.
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