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      Questi si fermano, e quasi facevo cattivo giudizio. Ma Peppetto non si scompone, si tira da un lato, e mentre il nuovo viaggiatore gli sale accanto in serpa riconosco Peppe Rosso.
      - Che nuove da queste parti? - dico io.
      - Ben trovata, signoría! Eh vado insino a Roma.
      - Ah! ho capito... l'affare di ier sera...
      Lui mi fa un mezzo sogghigno, e poi parlando col vetturino:
      - Be', e Andrea?
      - Ancora è vivo, ma...
      - È vivo!!!...
      Il modo col quale fu pronunziato quest'è vivo! equivaleva a un'altra frase che, se non fu espressa colla lingua, bene lo fu collo sguardo: "Eppure gli avevo menato bene!".
      Ma nessuno disse altro, e neppur io; che in quei paesi certe confidenze è meglio non riceverle, e perciò è prudenza non provocarle.
      E avanti di nuovo trottando sulla via Appia, con accompagnamento de' sonagli attaccati alle briglie che, dicono, divertono i cavalli, ma certo stordiscono gli uomini assai.
      Poco stante Peppe si volta indietro e mi chiama:
      - Eh, sor Massimo! - Apro gli occhi.
      - Che vuoi!
      - Dite: se troviamo la squadra di Galante, vedendomi con voi non mi toccheranno?
      Galante era un celebre bargello di campagna incaricato di prendere, quando poteva, i briganti, gli omicidi e simili, e Peppe Rosso, colle sue idee, al solito, del Cinque o Seicento, sperava che intorno alla mia persona vi fusse per alcune braccia un ambiente d'immunità, come due secoli sono intorno ai Don Rodrigo e agli Innominati. Io lo speravo meno di lui, quantunque non fosse del tutto impossibile che trovando Galante e imbrogliandogli la testa con qualche nome di ministro o di legazione estera, non riuscissi a farmi considerare del medesimo valore di una porta di chiesa, o d'una cappella. Siccome però questa riputazione d'intangibilità comunicabile ai miei protetti m'era molto utile nel mio genere di vita d'allora, non credetti bene di raffreddar la fiducia di Peppe Rosso, e gli risposi:


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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