- Eh diavolo! vorrei vedere!...
Peppe si sentí tutto consolato, e tirammo avanti. Ma la sua consolazione non doveva durar molto, e le mie facoltà protettrici stavano per esser poste a ben altre prove che non quelle di Galante.
E qui l'affare pur troppo s'imbruttisce davvero. Da una mezz'ora si viaggiava tranquilli: il cartolaio russava, io dormicchiava, quando tutt'ad un tratto si ferma il legno, mi riscuoto, e vedo - ancora mi par di vederle! - le due gambe di Peppe scavalcare la serpa e buttarsi nell'interno del legno, seguite tosto dalla sua persona che mi si getta addosso, mi si ficca dietro e m'abbraccia come se mi volesse affogare, mentre il vetturino si dà pugni in testa di disperazione, dicendo affannato:
- E ora come si rimediar...
- Che diavolo t'ha preso, - dico io lottando e divincolandomi per uscir da quelle formidabili branche. Ma Peppe sempre piú mi si ficcava dietro e mi teneva stretto che non c'era da pensare a liberarsi.
In quella maniera che mi contorcevo e soffiavo, Peppetto m'indica sulla diritta via nella maggese un uomo che di carriera serrata veniva su noi e mi dice desolato:
- È Natale!!!...
Allora capii che davvero non si scherzava. Io che ci vedo poco, non raffiguravo l'uomo; ma il cavallo, un morello sfacciato (colla stella ed il muso bianco) che conoscevo, lo raffiguravo benissimo.
- Perbrio, davvero, come si fa, dico anch'io? Non ci hai arme Peppe? Io ho qua uno stocco...
- Eh! el cortello l'ho, ma ci ha lo stioppo!...
- Diavolo, - dico a Peppetto, - lo vorrà ammazzare addirittura!...
- Ma che dicete! È certo come la morte!
Conclusione di tutto questo: sola - ma debole - speranza di salute ero proprio io in persona, e non come ostacolo morale, ma come impedimento materiale, a uso né piú né meno d'uno scudo o d'un parapetto.
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