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      Non s'esce illesi mai dalle battaglie tra il cuore e la volontà; dopo alcuni mesi, la famiglia concepí gravissimi timori, vedendo sempre maggiori le apparenze di sfinimento sul viso del figlio superstite. Dovette intraprendere una lunga cura, che, però, aiutando la gioventú, sortí ottimo effetto. Ma l'organismo era colpito, e se venne vinta la malattia del momento, non valsero le cure a riprodurre il vigore e la salute di prima. Mio padre non fu mai piú veramente robusto.
      L'estinzione di una razza non si prendeva in quel tempo colla filosofia colla quale vedo io, per esempio, avvicinarsi per la nostra questo fatto, senza perdere perciò né l'appetito né il sonno.
      I medici, interrogati dal nonno, gli risposero poco poeticamente che, essendo divenuto il marchese Cesare figlio unico, era bene di cavarne tosto la razza.
      Mio padre mi raccontava dipoi questo aneddoto, e si divertiva molto dell'idea d'essere stato messo da quel buon medico sulla stessa linea d'un King's Charles, o d'un cavallo arabo.
      Il fatto sta che si pensò tosto a dargli moglie; e la figlia del marchese Morozzo di Bianzè, Cristina, parve partito a proposito: fu chiesta ed accordata la sua mano e concluso il parentado.
      Mia madre, che in appresso non mai si saziava di parlare del delicato sentire del marito, mi raccontava che, nella prima visita di sposo, mio padre, invece di fare come tutti usano di vestirsi, cioè e mettersi in assetto il meglio che sia possibile, volle, per l'ottimo principio di non produrre nessun'illusione ed apparire come ogni marito si mostra in seguito nella famigliarità coniugale, volle presentarsi in un vestire talmente negletto (e allora ognun sa che razza di tolette s'usassero) che la sposa e la stessa famiglia rimasero meravigliate e perplesse, non sapendo spiegarsi tal cosa.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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