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      Altri quattro maschi e due femmine vennero dipoi. Queste, moglie l'una (Metilde) del conte Rinco, bella proprio come un angelo ed altrettanto buona, morí a ventidue anni di mal sottile: zitella l'altra (Melania), morí essa pure giovanissima. Enrico, capitano d'artiglieria, mancò nel 1824, a 29 anni; onde soltanto Roberto, Prospero il gesuita, ed io, siamo sopravissuti; ed essi mi lasciarono, solo ed ultimo dei fratelli, soltanto nell'anno '62 finito poco piú di un mese addietro.
      Era l'anno 1788-89. La società si veniva rinnovando. Tendeva al suo termine l'epoca dei cavalier serventi legali, stipulati persino talvolta per contratto matrimoniale! Che erano stati uno de' mille indizi della necessità di posare la società su nuove fondamenta.
      Lascio pensare al lettore se mio padre, moda o non moda, sarebbe stato tal uomo da adattarsi a questa sciocca e ridicola usanza. Vi si fosse anche potuto adattare esso, non l'avrebbe certo accettata mia madre.
      Trovo nel suo manoscritto due pennellate su quest'argomento, che dipingono l'epoca, e piú la grazia del di lei spirito e la maturità del suo giudizio.
      Era questa,
      dice essa, "l'epoca felice nella quale era tornata la moda che i mariti fossero sempre i cavalieri della propria moglie. Quanti sbadigli, quanti musi lunghi si osservavano alle volte di certi coniugi, che all'idolo della moda sagrificavano la loro libertà e le loro inclinazioni!"
      Non pare di vederli?
      Ma questa felice tranquillità non fu di lunga durata. Mio padre, trovandosi alla caccia del cervo col duca d'Aosta del quale era scudiero, dové, per chiamare cacciatori lontani, dare un grandissimo grido. Questo sforzo gli fece sfiancare nel petto una vena; diede per bocca gran copia di sangue, onde, messo in pericolo di vita, rimase in cura un pezzo, e venne costretto quindi a rinunziare al servizio di Corte.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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