Tutti conoscono le idee d'Alfieri, e chi m'ha usata la cortesia d'accompagnarmi sin qui, conosce ora anche quelle di mio padre. Eran due caratteri che poco s'intendevano di concessioni; ed evitavano quindi inutili dispute su questa materia, che ha tanto posto in discordia e tanto reso inesorabili e crudeli gli uomini, da Cristo sino a noi.
Ma ogni fede sincera ed ardente porta al proselitismo. Altrimenti sarebbe illogica. Mio padre nel segreto della famiglia si doleva dello stato morale del suo amico, e tanto piú si doleva, sospirava, quanto meno gli era dato operare onde mutasse pensieri. Non solo i miei parenti ne provavano amarezza; la provava egualmente la colonia emigrata, e piú le sue donne, come piú pie e piú pietose.
Una gran notizia cadde un giorno in mezzo a quel mondo devoto e l'empí di sorpresa e d'allegrezza. La marchesa di Prié aveva una figlia, Clementina, che poi sposò il marchese Incontri ed è madre del vivente marchese Attilio. Nel tempo pasquale una mattina ritorna a casa dalla chiesa dove aveva presa la Pasqua, entra nel salotto della madre e la trova facendo colazione coi figli Curzio e Demetrio (quello, morto presto; questo implicato nel moto del '21, e celebre in ultimo pel suo stratagemma delle quindici parrucche, onde simulare il crescere dei capelli), e con qualche amico di fuori. Non son sicuro se vi fosse anche mio padre, ma mi pare di sí. Sicuramente però egli mi raccontò il fatto, onde è certissimo.
Signora madre, disse la Clementina, levandosi il velo, indovini un po' con chi ho preso Pasqua questa mattina?... Col conte Alfieri, che m'era accanto alla balaustra!
Si può immaginare la gioia, la consolazione, lo stupore di tutta quella brava gente; e a dirla, mi stupisco anch'io.
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