Pagina (160/890)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Né ignoravano che tutti siamo d'una stoffa nella quale la prima piega non scompare mai piú.
      Essi perciò non m'ammiravano né m'adulavano, onde non rendermi vano e presuntuoso; non mi mettevano attorno tante gale, onde non dar esca alla piú sciocca delle pretensioni, per un uomo in ispecie, il pretendere in bellezza. Neppure m'ammollivano o m'intimorivano con troppi: - Bada! sta' attento! puoi cadere, puoi farti male! - e, se cadevo e davo qualche capata, non si mostravan turbati, né si mettevano in tante compassioni; mi dicevano, non però duramente, ma sorridendo affettuosi: -via, via, non sarà nulla -. Un giorno che mi feci una scalfittura e che piangevo, mi ricordo benissimo mia madre mi disse: - Bada! se se n'accorgono le budella vorranno scappar di lí! - Io, a vedermi burlato, presi cappello e finí il pianto, vinto dal dispetto.
      In una parola, lo scopo de' miei era d'avvezzarmi alla vita quale veramente si presenta poi nel corso degli anni successivi. E quest'avvezzarsi consiste tutto nell'acquistare la forza dei sagrificio, nell'imparare a soffrire.
      E, in verità, se le colpe della tenerezza non fossero pur care e simpatiche colpe, si dovrebbe muovere terribili rimproveri a quei parenti che pensano bensí ad avvezzare i loro figliuoli al caldo, al freddo, all'intemperie, ecc., perché sanno che inevitabilmente dovranno esporsi in appresso a soli ardenti, a nevi, a piogge, ecc.; e poi, non potendo ignorare che i figli saranno esposti egualmente a delusioni, a sventure, alle inesorabili esigenze dell'onore e del dovere, non pensano ad avvezzarli a soffrire!
      E si dovrebbe pur riflettere che il diritto naturale esiste anche pei bambini; e che è loro diritto di non essere né corrotti, né ingannati, né fuorviati.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890