Mi ricordo un giorno che Metilde, uscita in compagnia della signora Teresina, si fece aspettare ed arrivò a pranzo già bene inoltrato. Era d'inverno e nevicava. Le due delinquenti sedettero un po' confuse, e venne loro portata la minestra in due scodelle tenute in caldo, indovini dove? Sul terrazzino! non solo erano a zero Réaumur; ma avevano inoltre per coperta un dito di neve!
A tavola, ben inteso, sí lei che io, non s'apriva bocca, aspettando la grazia di Dio senza diritto né di petizione né di osservazione. Quanto allo star con convenienza, pulizia, non far strepito colla bocca né farsi altrimenti sentire, sapevamo che ogni contravvenzione ci conduceva prestissimo al bando per lo meno. Ogni nostro studio era dunque dissimulare la nostra presenza; e le prometto che con questo metodo non ci veniva davvero in capo di crederci noi il centro, ed il resto del mondo la circonferenza; idea che a forza di scioccherie, di smorfie e d'adulazioni, vien da tanti fitta, direi, per forza in que' poveri cervellini, che lasciati alla semplicità loro naturale, si sarebbero mantenuti ragionevoli.
Le lezioni di galateo non erano soltanto pel tempo del pranzo. Era proibito per noi, anche fuori l'alzar la voce, l'interrompere; e proibitissimo metterci addosso le mani scambievolmente sotto verun pretesto. Se poi talvolta nell'andare a tavola io mi cacciavo innanzi a Metilde, mio padre, presomi per un braccio, mi rimetteva alla coda del corteggio dicendomi: - Non c'è ragione d'essere incivile perché è tua sorella.
La vecchia generazione in molte province d'Italia ha l'abito d'urlare come se l'interlocutore fosse sordo, d'interromperlo come se non avesse anch'esso la parola e di picchiarlo in vari luoghi e forme come se non vi fosse altro modo di maneggiarlo, salvo le pene corporali.
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