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      Il signor Piacenti aveva tre allievi, fra i quali occupavo un posto, e passavo la giornata a far, piú o meno, le viste di studiare. Rammento quei frati: un padre Mauro, un padre Bertinelli, che mi davano chicche, mi facevano carezze, e di loro non posso dir che bene.
      Ma la miglior istruzione era quella orale che trovavamo in casa; cosí venni mobiliandomi la mente di molte idee di storia, geografia, mitologia, di lingua francese; avendo per ripetitrice l'ottima signora Teresina Biscarra e per compagna mia sorella.
      Mentre la mia famiglia viveva in Firenze in una oscura e felice tranquillità; mentre mio padre, dopo aver visto cadere ciò che piú amava al mondo, l'indipendenza e la dignità del Piemonte, sperava rimanere ignorato nel suo rifugio toscano, la mano di Napoleone, che aveva calcato le piú superbe fronti d'Europa, seppe rintracciare anco l'umile suo capo e fargli sentire quanto essa pesasse.
      Napoleone I, come ognun sa, aveva pochissima inclinazione al suffragio universale, e non vedeva nessun motivo per lasciare agl'individui la scelta del loro padrone.
      Venne perciò proibito ai Piemontesi - Francesi di Torino - d'aver figliuoli in educazione all'estero. L'estero era Siena. Mio padre dovette dunque ritirare dal Collegio Tolomei i miei tre fratelli, Roberto, Prospero, Enrico, e riprenderseli in casa.
      Essi seguitarono i loro studi dai frati delle Scuole Pie; io dal mio solito portinaio, e la vita interna di famiglia ne divenne piú animata e piú allegra. La disciplina e l'ordine però non ne furono punto scossi, soltanto s'applicarono a maggior numero d'individui.
      Intanto si venivano svolgendo nel nord dell'Europa i grandi fatti delle guerre napoleoniche, alle quali tenevan dietro strani rinnovamenti di Stati e bizzarre annessioni di genti costrette a piegarsi a consorzi contrari alle loro tradizioni, che alle inclinazioni ed interessi loro.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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