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      Ma per me e per noi ragazzi, quest'ignoto Torino, questa casa paterna vista soltanto in nube nelle eleganti descrizioni di Giacolin, ci eccitavano la fantasia empiendoci d'un'aspettazione smaniosa ed impaziente.
      Ma quando nello scendere dal legno mi trovai sotto un bell'atrio, che mi vidi venir incontro servitori ed il segretario di casa, l'avvocato Cappello, quando poi, varcando ogni limite del meraviglioso mi sentii dire: - Ha fatto buon viaggio, signor cavaliere? - Lascio pensare che razza di rimescolio s'operasse in me; io che non m'ero mai accorto d'essere cavaliere, trovarmi promosso cosí inaspettatamente ad un tanto grado!
      Per fortuna, oggidí tanti e tanti, ad un tratto si trovano anch'essi diventati cavalieri, che certo non se l'aspettavano piú di me. Dico per fortuna, perché se non fossero loro, non vi sarebbe forse nessuno che ora potesse farsi una giusta idea della mia gioia in quel solenne momento.
      L'estasi andò sempre crescendo, quando entrai in una bella sala a parati di seta, con balconi su un giardino, parquet lustrato, ecc. ecc.
      Questo fu uno dei pochi moti d'ambizione soddisfatta che abbia provato in vita mia. Non ch'io sia stato senza ambizione; ma come si vedrà, se Dio mi dà vita a potere scrivere, la mia non ebbe mai che far nulla con titoli, palazzi, impieghi e simili gingilli.
      Trovammo la vecchia nonna, contessa di Casal Grasso, mal ridotta dalla malattia cronica della quale presto morí. Condotti accanto al suo letto, ci accolse, ci fece carezze, e si vedeva chiaro che quell'ottimo cuore si struggeva nel rivederci.
      Era tale la sua tenerezza, che verso primavera, facendo noi una gita nei contorni di Stupinigi, volle che si passasse dal castello di Millefiori, sulle rive di Sangone, che era suo, e ce lo voleva regalare a ogni modo.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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