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      Il bambino, ben inteso, ha la medesima forma, ed ambedue quasi scompaiono sotto un carico di corone, gemme, collane e tutto quanto v'è stato lasciato di valsente dai divoti di tante generazioni. Io arrivai, come a Dio piacque, a questa meraviglia, che ci era costata tante miglia di viaggio in gran parte a piedi, ed invece d'intenerirmi, dissi, che la Madonna che è in cielo la rispettavo, ma quella brutta Madonna nera non la stimavo un fico, e non credevo che potesse farmi né ben né male.
      Lascio pensare che razza di vespaio andai a svegliare con queste mie idee! Fui trattato d'eretico, di miscredente, e che già ero incorreggibile, e che avrei fatto la mala fine, ecc. ecc.
      Quante volte, invece di frustare gli educati, bisognerebbe frustare gli educatori!
      Per ultima prova, si pensò di farmi fare ciò che allora si chiamava gli Esercizi. Ora non se ne sente piú a discorrere. Credo fosse un'invenzione dei Gesuiti. Certo erano dati da uomini della loro setta, ed in un convento o santuario anticamente di loro proprietà.
      A poche miglia da Lanzo, su per la valle della Stura, v'è un cocuzzolo d'un monte, sul quale, certi pecorai (al solito) avevan visto un giorno comparire Sant'Ignazio.
      La punta di questo monte era un masso nudo ed acuto, che presto, in grazia dell'apparizione, venne chiuso dentro una bella chiesa della quale rimase il centro; ed intorno alla chiesa venne fabbricato un convento. Un andito correva anch'esso all'intorno e dava accesso alle camere poste di qua e di là. Le camere, da una parte mettevano sull'aperto con vista magnifica di que' monti; dall'altra, mettevano soltanto in chiesa colla vista meno magnifica del Sant'Ignazio di gesso colorito, che stava ritto sulla punta di quel sasso.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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