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      Non incontrai mai piú dopo allora quei miei condiscepoli, dei quali serbo cara memoria. Se mai leggessero queste pagine, accettino una buona stretta di mano dal loro vecchio camerata.
      In questo corso mi mantenni sempre il piú ciuco dei tre. Sarà effetto di cattivo carattere o spirito di contraddizione, ma il fatto si è che non ebbi mai voglia di far nulla fin che mi stettero addosso per farmi studiare; ed appena fui lascialo in pace, mi misi a sgobbare e non ho smesso, piú o meno, mai sino ad oggi.
      Ma venne l'epoca degli esami e una bella mattina mi trovai in scuola coi miei due compagni, a tre tavolini separati, onde scrivere i nostri componimenti per l'esame. M'era toccato, nientemeno, un componimento in greco! e col Lexicon Schrevelii e la grammatica, faticavo come un asino e lentamente spremevo fuori goccia a goccia questa ellenica produzione. Il maître d'études ogni tanto ci faceva una visita. Dava un'occhiata a Perrier e a Fascini, ed io, che non lo perdevo d'occhio, gli vedevo far la faccia allegra. Poi veniva al mio tavolino, dava un'occhiata al mio greco e tosto gli si oscurava il bel sembiante. Dio sa che greco scismatico stavo partorendo!
      Il lettore capirà subito i palpiti del maître d'études per me. Ero nipote del conte Prospero Balbo, rettore dell'Università ed è chiaro come il sole che il nipote di quello che teneva in mano le sorti di tanti maître d'études, non doveva assolutamente essere un asino.
      Il nostro Mentore scomparí per mezz'ora, poi ricomparve. Avea presa una di quelle risoluzioni che salvano i nipoti ed anche talvolta persone piú alte di loro. Fare lui quello che non sapevo far io, e lasciarmene l'onore.
      Con una sveltezza degna di Bosco, mi levò d'innanzi il mio lavoro senza che i compagni se n'avvedessero e vi lasciò in cambio un foglio sul quale stava il componimento greco bello e fatto e che soltanto avevo a ricopiare!


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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