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      Dopo dieci minuti, tocc, tocc, all'uscio. Deo gratias. Risposto colla voce a strascico e nel naso: - Entrate, - è un novizio che domanda consiglio su una distrazione durante la messa, o uno scolare che non sa se ancora si scrive con l'acca o senza l'acca!... Pensare, dico, che un uomo costretto a lavorare su questo spinaio fisico-morale, per quanto potente d'ingegno e di volontà, possa fare nemmeno il quarto di quello che farebbe, libero e sciolto, mi sembra pazzia. Difatti, i gesuiti contano uomini distinti e di gran merito (e Dio sa con quali torture l'avranno avuto a pagare!), ma uomini di prim'ordine, nessuno.
      Se però mio fratello non raggiunse coll'ingegno quell'altezza alla quale era nato, se non lasciò di sé, come avrebbe potuto, quell'impronta che è l'eredità degli uomini sommi, lasciò però grandi e belli esempi di sagrificio e di virtú che valgon meglio e son piú utili a chi li sa discernere ed applicare, di tutte le meraviglie dell'intelletto.
      Si capisce che non intendo che ci abbiamo a far gesuiti per imitarlo; ma ecco dove tutti lo potremmo e lo dovremmo imitare.
      Egli era giovane di temperamento bollente e di passioni impetuose; era preso talvolta da sfuriate di collera tremende; sentiva ardentemente tutte le aspirazioni, tutti i desideri che Iddio diede per attributi alla nostra natura. E tutti domò, tutti vinse. Prima dei trent'anni era diventato d'una dolcezza e serenità di carattere che non vidi mai piú alterarsi in nessuna occasione. La mente ed il cuore d'accordo avevano in lui vinta la materia, e quasi potrebbe dirsi distrutta: poiché in quelle continue inesorabili violenze, che usò a se stesso, ci rimesse la salute e per sempre.
      Egli credette, e credette fortemente in religione, in filosofia, in politica; e per tutta la vita sagrificò ogni suo bene al trionfo di ciò ch'egli credette il vero.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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