Di tutti questi uomini, in varie condizioni, è rimasta onorata e chiara memoria; e molti di loro ebbero gran parte nelle vicende politiche del Piemonte e d'Italia.
Le istanze di mio padre ottennero dal governo che al figlio Prospero, di appena sedici anni, fosse concesso un altr'anno prima d'entrare a Saint-Cyr. Roberto però dovette partir subito e fu dal padre accompagnato a Parigi.
L'anno di tolleranza passò presto e toccò a mio padre correre di nuovo sulle uggiose strade di Savoia, Lionese e Borgogna, accompagnando la seconda vittima del despotismo di Napoleone. Però, tanto s'adoperò e tanto fece, che aiutato da amici e, se ben mi ricordo, da monsignor della Torre arcivescovo di Torino, uomo di parte francese, conte dell'impero, ecc. ecc., giunse pure a ricondurre a Torino il figliuolo libero e padrone di seguire le sue inclinazioni. Esse lo chiamavano allo stato clericale. Dalle mani dell'arcivescovo suddetto ebbe i primi ordini, si diede agli studi ecclesiastici, e prese quell'indirizzo nel quale poi si mantenne costante fin che visse.
Di due sorelle che ebbi, l'una, Melania rimasta a Torino colla nonna durante la nostra dimora in Toscana, morí di dodici anni. L'altra, Metilde, sposata al conte Pallio di Rinco, era una bellezza; e per l'ottima educazione e gli ottimi esempi avuti, quanto per angelica indole, era riuscita un vero tesoro.
È vecchio tema di tutti i poeti elegiaci il dire: il tale o la tale erano troppo buoni, troppo angioli, il mondo non era degno di loro, Iddio li rivolle con sé. Eppure in verità, l'esperienza darebbe talvolta ragione a questi poeti. Certe perfezioni, certe nature celestiali paiono quasi venute al mondo per isbaglio; per avere errata la via.
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