Non so se i cavalli e le carrozze del principe Borghese fossero sparite; piú probabilmente, se pure c'erano, non volle la famiglia reale usarle. So bene che S. M. non avea neppur un legno e un paio di cavalli; onde mio padre gli offrí in dono un carrozzone di gala che aveva servito pel suo matrimonio, tutto dorato e a cristalli, cogli amorini idropici sugli sportelli.
In questo cocchio il buon re con quella sua faccia, - via diciamolo, un po' di babbeo ma altrettanto di galantuomo - e si vide nel '21 -, girò fino al tocco dopo mezzanotte passo passo le vie di Torino, fra gli evviva della folla, distribuendo sorrisi e saluti a dritta e a sinistra; il che portava, per meccanica conseguenza, un incessante spazzolare da sinistra a diritta di quella sua coda, tanto curiosa ormai pei giovani della mia età.
Era l'epoca del ritorno di tutti principi nelle loro capitali. Si sapeva imminente quello del Papa, ed il Re volle che gli giungesse quanto piú presto si potesse un "mi rallegro" del capo della Casa di Savoia, nella quale era tradizionale il rispetto al Papa, quanto la fermezza nel tenere in riga la Corte romana.
La scelta dell'inviato cadde sulla persona di mio padre; ed era certo impossibile trovare un piú vero rappresentante del principio politico come della fede religiosa dei due Principi.
Fatta e partecipata la nomina, convenne partir subito.
La mia povera madre, malgrado le gioie di questi ultimi eventi, era pur sempre di poca salute, e si spaventò dell'idea che io rimanessi in sua custodia, spiritato com'ero; onde facilmente persuase mio padre a condurmi con sé.
Si partí in due carrozze egli, io, e Prospero, il quale, rimettendosi in piedi i gesuiti, aveva deliberato entrare nella Compagnia.
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